
Datemi un palco e vi dirò chi sono: intervista a Dustin Rabin
Qual è il tuo genere fotografico preferito, la tua passione più grande, il campo che ti infervora maggiormente e che ti fa desiderare di avere sempre la macchina fotografica a portata di mano?
Il mio è la fotografia live, senza ombra di dubbio!
Quando non faccio foto ai concerti, allora cerco su internet le gallery dei fotografi professionisti in campo musicale e sogno ad occhi aperti.
Sapendo di questa mia grande passione, spesso ricevo delle email con link a siti del genere da Simone Poletti e Simone Conti, come piccoli regali che mi vengono recapitati di tanto in tanto – qui in ufficio è sempre Natale, insomma, anche quando non si scartano i pacchi 😉
È così che sono capitata sul sito di Dustin Rabin – in realtà, mi è stato suggerito anche perché ha fotografato una delle mie band preferite, i Queens of the Stone Age; oltre che fotografa, sono soprattutto una patita di musica 🙂
Dustin ha un’incredibile capacità di adattarsi alle diverse situazioni e di offrire un immaginario visivo mai uguale a se stesso; ogni sua foto, pur mantenendo un filo conduttore con tutte le altre, vive di vita propria e rispecchia in maniera perfetta il momento in cui è stata scattata, le energie delle persone ritratte, le atmosfere che si respiravano al momento del click.
Questo è ciò che mi ha colpito del suo lavoro; ecco perché invito anche te a visitare il suo sito, ricco di immagini di concerti, backstage e ritratti di musicisti – alla fine dell’intervista troverai il link.
Mi auguro che Dustin Rabin ti piaccia tanto quanto è piaciuto a me!
Ora è venuto il momento di lasciarti alle sue parole 🙂
FP: Ciao Dustin, benvenuto su FotografiaProfessionale!
Quando hai cominciato a fotografare?
DR: Grazie a mio padre ho avuto a che fare con le macchine fotografiche per la maggior parte della mia vita. È lui che mi ha insegnato le basi della fotografia (diaframma, tempi di scatto, iso) quando ero molto giovane e ho giocato con cose come la profondità di campo e il mosso usando la Minolta di mia madre.
FP: Hai mai partecipato a corsi di fotografia, preso lezioni o altro, oltre che da tuo padre? 🙂
DR: Ho partecipato ad un corso di comunicazione di 2 anni che includeva un semestre di fotografia in bianco e nero, che insegnava sia le basi che lo sviluppo e la stampa in bianco e nero. Sono molto contento di aver fatto esperienza stampando le mie foto in camera oscura, per il resto conoscevo già gli argomenti trattati.
FP: Il tuo centro d’interesse riguarda soprattutto la fotografia live. Quando e perché hai cominciato ad esserne attratto?
DR: Al college intervistavo le band per la nostra radio e a volte le interviste venivano stampate nel giornale della scuola. Una volta mi è stato dato un pass foto per scattare ad un concerto, e quello è stato per me l’inizio di una nuova vita.

FP: Al giorno d’oggi ci sono molte persone che fanno foto per magazine dedicati alla musica, o collaborano anche solo come fotografi freelance; come sei spiccato da questa folla? Quando hai cominciato ad avere i primi riconoscimenti dal punto di vista professionale?
DR: Con gli smartphone e moltissime DSLR a portata del consumatore medio sembra che ormai tutti abbiano una macchina fotografica e che condividano le loro fotografie con il mondo intero grazie ad internet.
Quando ho cominciato, la parte più difficile è stata trovare un magazine che fosse interessato al genere di band che volevo fotografare. Se non avevo una pubblicazione per cui scattare, non potevo nemmeno avere i pass foto per i concerti.
Fortunatamente, verso la metà degli Anni 90 è nata una zine musicale di Edmonton, Alberta (Canada), che si occupava della musica che seguivo, quindi hanno pubblicato le mie fotografie praticamente in tutti i numeri che hanno fatto uscire, fino a che non hanno chiuso nel 1995.
Dopodiché sono rimasto fermo per un po’ di tempo, poi ho deciso di creare il mio magazine personale in modo da avere sempre una pubblicazione per la quale scattare.
Non avevo però abbastanza soldi per stampare un magazine, ma internet stava proprio cominciando a diventare popolare (che tu ci creda o no, c’è stato un tempo in cui non un gran numero di persone lo utilizzava), così ho chiesto al mio amico Slaven di insegnarmi ad usare Photoshop ed un editor HTML, quindi ho creato SODA Magazine.
Dopo un paio di anni avevo un portfolio piuttosto corposo per cominciare a mostrare le mie fotografie ai magazine veri e propri. La mia prima pubblicazione importante è stata una foto dei Beastie Boys nel magazine Rolling Stone nel 1999. Proprio poco prima, quello stesso anno, avevo preso la decisione di lasciare il mio lavoro e di dedicarmi completamente alla fotografia, quindi è stata davvero una grande spinta alla mia decisione.
Quello che mi ha distaccato dalla maggior parte dei fotografi è stata la tenacia e la volontà che ho messo nell’ottenere il lavoro che volevo, e di attenermi al mio personale stile fotografico.
Ho cercato di non prestare troppa attenzione a ciò che stavano facendo gli altri fotografi di live, così non mi sarei confrontato a loro chiedendomi se fossi bravo abbastanza. Ho il mio modo di vedere le cose, e fortunatamente pare che piaccia anche ad altre persone.
FP: Cosa cambia da quando fotografi una band che già apprezzi a quando ne fotografi una che non segui (se capita)?
DR: Mi pongo sempre nello stesso modo nei confronti dei gruppi, sia che mi piaccia o no la musica che fanno. L’unica differenza è che se conosco bene i loro brani, è più facile per me anticipare le loro azioni sul palco o i cambi di luci. La maggior parte delle band con cui lavoro sono le stesse che ascolto, così tutto funziona alla perfezione. Se proprio non mi piace la loro musica ma le foto vanno bene e andiamo d’accordo, avrò sicuramente l’opportunità di rivalutare la loro musica in seguito.
FP: Qual è il problema peggiore che hai dovuto risolvere durante un concerto?
DR: Per i primi dieci anni o giù di lì, ho scattato solamente su pellicola e avevo una sola macchina fotografica, quindi se volevo far foto sia a colori che in bianco e nero significava dover cambiare il rullino in un pit affollato. Un pass foto di solito ti permette di poter scattare durante i primi tre brani, e a seconda della band devi essere praticamente ovunque dai 5 ai 15 minuti. Il tempo che impiegavo per avvolgere un rullino e caricarne un altro era cruciale perché sapevo che mi stavo perdendo dei buoni momenti sul palco.
FP: Veniamo alla tua attrezzatura: che cosa c’è nella tua borsa? Che cosa consiglieresti ad un neo-fotografo di live da avere assolutamente con sé?
DR: C’è la mia macchina fotografica, un 16-35mm f 2.8, un 70-200mm f 2.8, e un 50mm f 1.2 come obiettivo principale. Le due cose più importanti da portarsi dietro sono degli obiettivi zoom di una lunghezza focale soddisfacente, e un’apertura che sia di almeno 2.8.
Più velocità, miglior risultato. Non sai mai quello che ti troverai davanti finché il concerto non inizia e a quel punto sei nelle mani del tecnico luci, per cui è importantissimo essere preparati in caso di situazioni di scarsa illuminazione.

FP: Scatti solo in digitale? Se no, qual è l’attrezzatura analogica che utilizzi? Cosa preferisci e perché?
DR: Di questi tempi scatto soprattutto in digitale perché la maggior parte dei clienti non ha il tempo o il denaro da investire in sviluppo e in stampa. Sono comunque molto contento di aver iniziato la mia carriera scattando in pellicola. Ho fatto molto più allenamento ed errori per avere la giusta esposizione durante un concerto e ciò mi ha forzato a sperimentare, il che mi ha reso un fotografo migliore.
L’unica differenza nell’attrezzatura è il corpo macchina, gli obiettivi sono gli stessi.
FP: Qual è il tuo rapporto con Photoshop e con la post-produzione? Te ne occupi personalmente?
DR: Post-produco io il 100% delle mie foto. Non potrei mai far mettere le mani sulle mie foto ad altre persone, perché non si tratterebbe più di immagini mie. Ovviamente non sto dicendo che sono meglio di chiunque altro nella post, non è quello il punto: il punto è che faccio quello che faccio, ed è ciò che rende ogni immagine veramente mia.
Ci sono fotografi che ingaggiano ritoccatori ed editor in modo da avere più tempo per scattare; questo va sicuramente bene e ha senso dal punto di vista della produttività, ma quando prendo un lavoro considero anche il tempo che occorrerà per la post-produzione. A volte significa più ore di lavoro e meno sonno, ma è l’unico modo in cui posso farlo.
FP: Ci sono dei fotografi dai quali trai ispirazione?
DR: Sono assolutamente innamorato di Anton Corbijn, Harry Benson e Jim Marshall. Se non fosse stato per Jim Marshall non ci sarebbe stata una cosa come il Fotografo Rock and Roll. Mi piacciono molto anche Lance Mercer, Barry Wentzell, Bob Gruen, Neal Preston, Brian Hamill e Sante D’Orazio, solo per nominarne alcuni.
I fotografi che davvero mi ispirano sono miei amici; Vanessa Heins, Caitlin Cronenberg, Jamie Vedres e MJ Kim. Non solo mi ispirano con il loro lavoro (che amo), ma anche per essere delle grandi persone.
FP: Che cosa ti piace fotografare quando non fotografi concerti o musicisti?
DR: Mi piace fotografare paesaggi urbani e naturali. Sono anche ossessionato dal fotografare la vista che c’è dal finestrino quando viaggio su un aereo (come tutti, credo).
FP: C’è un tuo speciale progetto fotografico di cui vai particolarmente orgoglioso e del quale vuoi condividere con noi una foto?
DR: Mi sento molto fortunato nel dire che ci sono molti lavori di cui vado fiero, ma ce ne sono alcuni che mi vengono in mente subito prima di altri: lavorare con i Foo Fighters per quasi 20 anni. Recentemente ho anche fotografato i Nirvana durante le loro prove e la performance al Rock & Roll Hall of Fame. Per essere onesto, Dave mi ha dato così tante grandi opportunità che se non l’avessi mai incontrato come invece ho fatto, probabilmente non staresti leggendo nulla di me.
Un altro importante rapporto di lunga durata che ho avuto è stato quello con i Billy Talent. Abbiamo lavorato insieme per i primi tempi del 2002 e da allora siamo anche diventati buoni amici. Entrambe le nostre carriere hanno preso forma in quel periodo, e si è trattato di un momento molto stimolante per tutti.
Il booklet che accompagna la loro ultima uscita “Billy Talent Hits” rappresenta uno dei miei momenti preferiti passati con loro.
Uno dei traguardi più importanti che ho raggiunto da quando ho cominciato è stato fotografare Paul McCartney, che ho dovuto seguire nel 2011. Mi ha chiesto di fotografarlo in tour per una settimana ed è stata l’esperienza più surreale della mia vita! Devo ancora guardare le foto di tanto in tanto per accertarmi che sia successo davvero.

FP: Facciamo uno dei nostri giochi preferiti: stai partendo per un lungo viaggio e ti è permesso portare un solo obiettivo con te. Quale metteresti in valigia?
DR: Il 50mm f 1.2. Un obiettivo bellissimo. Lo amo.
FP: Dustin, grazie davvero per averci dedicato un po’ del tuo tempo!
Se vuoi dare un’occhiata al sito di Dustin, ecco il link: dustinrabin.com, oppure cercarlo sui social (Facebook, Twitter e Instagram) come @DustinRabin
A prestissimo con nuovi articoli ed interviste!
Gloria
P.S.: anche a te piace la fotografia live?
Scrivimi il nome dei fotografi che segui, sono sempre a caccia di nuove ispirazioni 😉