Interviste 

Intervista a Nicola Montanari
Interviste 12/07/2019 Francesca Pone
Negli scorsi mesi abbiamo lavorato assieme al fotografo Nicola Montanari per la realizzazione dei nuovi video-corsi sulla fotografia di ritratto: “Ritratto con Flash a Slitta” e “Ritratto in Esterno” 🙂
Siamo entusiasti dei nuovi progetti e, assieme a noi, anche Nicola Montanari 😉
Tra uno shooting e l’altro, ho potuto conoscerlo un po’ più a fondo…
FP: Raccontati: chi è Nicola Montanari?

NM: Nicola Montanari da ormai dieci anni è un fotografo di moda e ritratto, ma è stato tante “cose”.
Impiegato, Writer e DJ fino ai 25 anni, amante dello skateboard, del filmino e della Street Art (che amo ancora), venditore di vini, bancario, dirigente d’azienda.
Insomma, quel che oggi è Nicola Montanari è un mix di tutto questo.
Da qualche anno, inoltre, sono Trainer di Fotografia per l’Accademia di FotografiaProfessionale.
FP: Quando è iniziata la tua esperienza da fotografo? Come ti sei formato?
NM: La mia passione per la fotografia nasce in età adolescenziale grazie a mio padre, fotoamatore con la passione per il ritratto.

Dieci anni fa, stanco di lavorare per altri, mi sono chiesto se fosse possibile trasformare un ragioniere della provincia di Reggio Emilia in un fotografo professionista.
Avevo poco tempo e diversi impegni familiari, le scuole di fotografia erano poche e lontane e l’offerta formativa disponibile sul web non era abbondante come oggi, quindi ho dovuto mettere in campo tanta forza di volontà e un pizzico di incoscienza per prendere una decisione, ma alla fine il tempo mi ha dato ragione!
Ho acquistato le prime luci usate da uno studio in chiusura a Milano, ho acquistato libri di testo, mi sono iscritto a siti specializzati e ho guardato parecchi tutorial sul web, ma ho fatto soprattutto tanta pratica, quindi posso definirmi un autodidatta.
FP: Quali sono le tue icone di riferimento e da dove trai ispirazione per realizzare i tuoi lavori?
NM: I miei fotografi preferiti sono Irving Penn, Richard Avedon, Herb Ritts, Peter Lindbergh e Erwin Olaf.
Quando vedo immagini o idee accattivanti (anche realizzate da altri), le fotografo col telefono e le conservo, compro libri; mentre sono in giro per lavoro o nel tempo libero, mi guardo spesso intorno, fotografo location, proiezioni di ombre, situazioni interessanti e cerco di trarne ispirazione.
Copiare non dovrebbe far parte del DNA di un fotografo, se non per puro esercizio tecnico. Prendere spunto, rielaborare secondo la propria visione, la propria luce, invece sì.
FP: Cosa non dovrebbe mancare mai tra l’attrezzatura di un fotografo ritrattista? Di cosa non riesci a fare assolutamente a meno?

NM: Un 50 mm e un 85 mm luminosi, un pannello riflettente e un flash sono per me indispensabili; io non riesco proprio a fare a meno del mio 135mm, che mi permette di mantenere una discreta distanza senza essere invasivo, oltre a darmi la possibilità di far sparire completamente gli sfondi a tutta apertura e di isolare molto bene il soggetto.
FP: Cos’è per te la fotografia di ritratto? Perché hai scelto questa tipologia di fotografia?
NM: Per me la fotografia di ritratto è tutto, è il motivo per cui ho deciso di fare il fotografo.
Più che dei luoghi e delle cose, sono innamorato e affascinato dalle persone. La possibilità di estrarre e catturare una parte della personalità dei miei soggetti è sempre stato un grande stimolo ed è ancora linfa vitale per continuare a fare questo lavoro. Se un giorno mi stancherò, vorrà dire che è ora di reinventarsi e fare altro.
FP: Come organizzi i tuoi servizi fotografici? Come scegli le location in cui scattare?

NM: Mi viene un’idea, la sviluppo, mi creo un progetto che racconti qualcosa della persona che devo fotografare, poi faccio location scouting e, se necessario, coinvolgo figure complementari per lo styling e l’eventuale trucco.
A volte è tutto molto chiaro e so già dove andare e chi coinvolgere, altre volte ci vuole tempo.
Nel mio cassetto ho diversi progetti non ancora realizzati, conciliare lavoro e ricerca personale non è sempre facile e non sempre si ha il tempo. E poi a questo dobbiamo aggiungere l’indispensabile rapporto col vil denaro, fondamentale per vivere, quindi occorre trovare il giusto compromesso.
Per quel che riguarda la location, tutto dipende dal progetto. Di solito la scelta è legata alle geometrie, alle cromie, all’atmosfera se parliamo di interni, oppure di luoghi legati al modello/a, dove possa sentirsi a proprio agio; se parliamo di servizi fortemente caratterizzanti, atti a raccontare la persona.
FP: Ci dai qualche consigli sul rapporto tra fotografo e modella? Come gestire al meglio questo rapporto per ottenere grandi risultati?

NM: Da sempre nelle aule insisto sul rapporto col soggetto, è fondamentale per la buona riuscita del servizio. È proprio quello che insegno al Workshop Luci da PRO e ai vari appuntamenti di Accademia.
Entrare in empatia, capire fin dove ci si può spingere e iniziare a scavare sono tre passaggi fondamentali.
Il nostro lavoro è un po’ quello dello psicologo, per conoscere meglio qualcuno occorre parlare, ma soprattutto farlo parlare, vedere le sue reazioni ai vostri solleciti, far emergere emozioni, positive o negative che siano, carpire i momenti. Maggiore è il grado di coinvolgimento, migliori saranno gli scatti prodotti.
Con i modelli professionisti è più facile, sanno posare e hanno già una forte componente estetica. Con gli attori è più difficile, tendono ad interpretare una parte e non loro stessi; sia ben chiaro, si ottengono spesso belle foto, ma non basta, le foto devono essere anche interessanti e non banali.
Con le persone “normali” si affronta la vera sfida, ma spesso si ha più tempo e ci sono meno pretese da parte di chi viene fotografato.
La mia regola, che vale per tutte le categorie, è quella di raggiungere la sottile linea di confine che divide la conoscenza dall’invasione di territorio, e non valicarla mai.
FP: Cosa ti piace di più del rapporto con il soggetto?
NM: Sono un tipo curioso, mi piace esplorare, approfondire. Il ritratto è cosa intima, è un rapporto a termine tra due persone, che si consuma in pochissimo tempo, dove tutte e due devono dare il massimo per ottenere un risultato comune. Una bella sfida insomma, ma stimolante ed eccitante!
FP: Come si può sfruttare al meglio una location per ottenere grandi ritratti?

NM: La location va interpretata, può essere un accessorio, oppure protagonista.
Di sicuro uno degli elementi da tenere in considerazione, in ambedue i casi, è la luce. Se voglio sfruttare al massimo la location devo conoscerla bene, preferisco andare più volte a orari diversi, per capire dove e come scattare al suo interno, cosa potrebbe servirmi, se ci sono elementi da sfruttare ed altri di disturbo da evitare.
Nel caso il posto scelto non sia protagonista, mi concentro sulla luce e cerco di sfocare il più possibile, mentre nel caso contrario, cerco elementi di integrazione col soggetto e li rendo leggibili, in modo che supportino il racconto che voglio realizzare.
FP: Quali sono gli errori da non commettere nella fotografia di ritratto?
NM: Gli errori da evitare sono tanti, normalmente causati dalla fretta, dall’ansia da prestazione e dalla mancanza di organizzazione.
Come già detto il ritratto è cosa intima e, come in tutti i rapporti intimi, occorre saper creare la giusta atmosfera per mettere a proprio agio il nostro modello. Meglio scattare un po’ meno e parlare di più, senza coinvolgere troppo la persona che abbiamo di fronte in inutili tecnicismi riguardante le nostre luci, le ottiche e ciò che stiamo facendo con le mani.
Scontato? Vedo pochissimi fotografi farlo.
FP: Il ritratto è una tipologia di fotografia che mette in risalto i particolari dei soggetti con cui si collabora. Come fai a valorizzare e mettere in risalto le caratteristiche che più ti piacciono dei tuoi soggetti?

NM: Il ritratto ha due componenti principali, una estetica ed una emotiva.
Per quel che riguarda la parte estetica occorre osservare il nostro modello, capire quali sono i suoi punti di forza e quelli deboli, decidere quali far risaltare, per scegliere poi la luce più adatta allo scopo che si vuole ottenere.
La componente emotiva è invece la più complessa, è qui che interviene la capacità del fotografo di far emergere delle emozioni. Per questo, come ho già sottolineato diverse volte in precedenza, occorre creare una relazione, un dialogo, entrare in empatia.
FP: Qual è il tuo rapporto con la post-produzione? Te ne occupi personalmente?
NM: Nel mio lavoro la Post è fondamentale in buona parte delle casistiche.
Nel tempo il mio rapporto con la post si è evoluto: all’inizio era più invasiva, poi col passare del tempo è divenuta più delicata.
Il fotoritocco è un processo che non dovrebbe mai snaturare lo scatto nella fotografia di ritratto, ma dovrebbe semplicemente aiutare a rendere la foto più accattivante a livello visivo, eliminando quelle che sono imperfezioni estetiche, che spesso distraggono l’occhio dello spettatore.
Mi occupo ancora di Post, ma solo per lavori di ricerca personale. Tutto il lavoro commerciale viene curato da fotoritoccatori professionisti su mie indicazioni, questo mi permette di avere più tempo per stare sul set, che è quello che amo fare!

FP: C’è qualcosa che non ti ho chiesto e vorresti dirmi di te?
NM: Sono una persona emotiva, a tratti un sognatore. Quando fotografo ho bisogno di provare emozioni, solo così riesco a dare il massimo e ad andare oltre l’apparenza e i tecnicismi.
La cosa bella del ritratto è che è in grado di suscitare in me tutto ciò di cui ho bisogno per sentirmi felice, per andare oltre i miei limiti e cercare di migliorarmi ogni giorno che passa.
FP: Grazie per la tua intervista, a presto!
Francesca