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Roland Barthes ha sempre ragione?

Fotografia 03/04/2015 Gloria Soverini

Davanti all’obiettivo io sono contemporaneamente: quello che io credo di essere, quello che vorrei si creda io sia, quello che il fotografo crede io sia, e quello di cui egli si serve per far mostra della sua arte.
La Camera Chiara, Roland Barthes

E se davanti all’obiettivo ci fosse una persona affetta da Alzheimer, questa famosa citazione di Roland Barthes potrebbe essere riproposta negli stessi termini?

Me lo sono chiesta, e lo chiedo anche a te, vedendo le fotografie in bianco e nero scattate dall’olandese Alex ten Napel, classe ’58: una serie di ritratti realizzati al “Wittenberg”, una casa di cura di Amsterdam per anziani.
Questo progetto parla della perdita dell’identità causata dall’Alzheimer, e ten Napel ha voluto approfondire come questo si rifletta sui volti delle persone coinvolte: una volta che la malattia ha dissolto la maschera dell’identità, è forse possibile guardare l’esistenza umana direttamente in faccia, senza mediazioni e senza costruzioni.

 

Alzheimer © Alex ten Napel
Alzheimer © Alex ten Napel

Alzheimer © Alex ten Napel
Alzheimer © Alex ten Napel

 

Secondo le stesse parole di Alex, ha voluto catturare “quel momento specifico che il fotografo ritrattista attende sempre: quello in cui la postura e l’espressione si incontrano in un modo pieno di significato”.
Ten Napel è rimasto a sedere ad un tavolo del salotto della residenza, sorseggiando una tazza di caffè e chiacchierando con i presenti, in modo da prendere confidenza con la loro gestualità ed espressioni più caratteristiche prima di cominciare a scattare i ritratti in una sala appositamente adibita a studio.
“L’Alzheimer ci mostra l’esistenza umana senza abbellimenti”, ha dichiarato Alex. La demenza può spaventare e “purtroppo le emozioni finiscono con il confondere i pazienti… e anche noi”.

 

Alzheimer © Alex ten Napel
Alzheimer © Alex ten Napel

 

La bellezza del suo lavoro consiste, forse più di tutto, nel rompere queste barriere, permettendoci di avvicinarci e di guardare più da vicino l’umanità che si cela sotto questa malattia.
La fotografia, ancora, si riconferma come il mezzo più potente per documentare e mostrare quello che solitamente non incontriamo nella nostra quotidianità, aprendo la riflessione verso nuove prospettive e, soprattutto, facendoci fare qualche passo verso altre realtà e la vita stessa di altre persone.

 

Alzheimer © Alex ten Napel
Alzheimer © Alex ten Napel

Alzheimer © Alex ten Napel
Alzheimer © Alex ten Napel

 

Quindi, ancora, te lo chiedo di nuovo: credi che la frase di Roland Barthes possa essere valida se il soggetto fotografato non è consapevole della propria identità?

O, forse, ha ragione Baudrillard….

Se una cosa vuole essere fotografata significa che non vuole consegnare il suo senso, che non vuole riflettersi. Vuole solo essere captata direttamente, violata sul posto, illuminata nel suo dettaglio. Se qualcosa vuole diventare immagine non è per durare, è per sparire meglio. E il soggetto non è un buon medium se non entra in questo gioco, se non esorcizza il proprio sguardo e il suo proprio giudizio, se non gode della sua propria assenza.
Illusione della Fotografia contro la simulazione dell’iperrealtà, Jean Baudrillard

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