
Un fotografo versatile dall’animo rock: intervista a Stefano Pedretti
Com’era già successo in occasione di una precedente intervista, quando Simone Conti mi aveva suggerito il nome di Jee Young Lee, anche in questo caso il nome del fotografo oggetto delle mie domande mi è stato suggerito, questa volta da Simone Poletti.
“Vieni un attimo di qua”, dice dal suo ufficio, e mi mostra i ritratti che Stefano ha realizzato per l’ultima edizione di “Bake Off Italia”: colpita nel profondo (ammetto di essere un’accanita fan del programma) ed impressionata da tutti gli altri lavori e dai numerosi progetti paralleli, capisco che ho davanti il prossimo intervistato di FotografiaProfessionale 🙂

FP: Ciao Stefano, benvenuto su FotografiaProfessionale!
Quando è nata la passione per la fotografia? Hai mai partecipato a corsi, preso lezioni, o sei completamente autodidatta?
SP: Sono autodidatta, come in tutto quello che mi è capitato di fare.
Per quanto riguarda la fotografia venivo da quasi 10 anni di art direction per cui non è stato un iniziare da zero.
Passione per la fotografia non so, ho sicuramente la passione per l’immagine e la macchina fotografica è uno strumento, al pari di una matita, ma la matita non la so usare.
FP: In quali tipi di fotografia sei specializzato?
SP: Still Life, Interior, Portrait.
FP: Sei sicuramente un fotografo in grado di gestire problematiche di varia natura viste le tue numerose esperienze professionali; nel corso del tempo, com’è cambiato il tuo modo di approcciarti alla fotografia considerando le conoscenze acquisite nei vari campi?
SP: Aver lavorato precedentemente nelle agenzie mi è stato utile per conoscere i processi interni, riconoscere le dinamiche e sapere il ruolo che il fotografo ha all’interno di un processo lavorativo strutturato.
È la cosa che nessuno e nessuna scuola ti può insegnare e per alcuni aspetti è la parte più complicata del lavoro.
Spesso mi capita di parlare con fotografi che non lavorano per l’adv o fotografi alle prime armi e mi rendo conto che c’è una grossa confusione sui ruoli e sulle dinamiche professionali. Questo ovviamente porta anche a presentarsi con un portfolio sbagliato.
FP: Quando fotografi per te, quali sono i tuoi soggetti preferiti? Ne ho una vaga idea… 🙂
SP: Quando fotografo per me c’è solo mia figlia. 🙂
In realtà nel privato sono molto pigro fotograficamente, preferendo di gran lunga lavorare su altri progetti che magari includono la fotografia ma dove la fotografia non sia il motivo principale.
FP: Come si sviluppa di solito la tua giornata di lavoro?
SP: Non ho una idea di giornata, diciamo che se ho un lavoro o un progetto aperto (e c’è sempre) il progetto fagocita tutto.
Dormo poco, dormo male, faccio tardi, mi alzo presto, insomma le mie giornate sono molto disordinate.
Devo dire che la nascita di mia figlia mi sta aiutando a darmi una regolata… ma continuo ad essere fortemente indisciplinato.
FP: Con che macchina scatti? Come si compone la tua attrezzatura fotografica?
SP: Adesso ho una D800 e parecchia attrezzatura da studio. Un po’ di flash, un po’ di luci continue, parabole softbox etc etc.
FP: FotografiaProfessionale.it si occupa di fotografia e di postproduzione.
Che rapporto hai con il fotoritocco? Che cosa pensi della postproduzione, e che uso ne fai? Ti occupi personalmente della postproduzione dei tuoi scatti?
SP: Non ho un bellissimo rapporto con la postproduzione.
A volte me ne occupo io, a volte no, ma non è una cosa per la quale nutro passione, in generale mi annoia.
Anche le caricature hanno processi lunghissimi, non tanto per la complessità – la parte interessante in una caricatura dura al massimo 1 ora, giusto il tempo di individuare l’espressione adatta e di indirizzare il lavoro di manipolazione – quanto per la lunga e interminabile finitura, aspetto del lavoro del quale farei volentieri a meno.
Ma va fatta, è una fase necessaria del processo lavorativo, e sopratutto va fatta bene 🙂
FP: In che modo convivono le tue due anime, quella più “ordinata” legata agli studi di architettura e alle foto di interior design, con quella più artistica e, diciamolo, un po’ matta, delle campagne pubblicitarie dalla grafica più spinta e a volte caricaturale?
SP: L’architettura è una discipina che ho abbandonato da subito. Anche se la laurea è recente, in pratica ho impiegato 18 anni a laurearmi ma l’ho fatto solo per concludere un percorso. Studiando poi architettura e frequentando architetti, è normale fare lavori di
interior, gli architetti sono come una setta… non lo sapevi? 😀
Comunque è una fetta marginale.
Professionalmente sono sempre stato focalizzato su altro e ultimamente sempre di più su progetti collaterali di diversa natura.
FP: Uno dei tuoi progetti collaterali, ma non troppo, è “Secondazampa”. Di cosa si tratta e com’è nata l’idea di questo blog?
SP: Secondazampa nasce nel 2008.
Io e mia moglie (tra l’altro bravissimo architetto) facevamo volontariato in una associazione che si occupa di cani di uno specifico canile.
Ad un certo punto decidemmo di creare un nostro progetto.
Secondazampa nasce come un blog dove erano i cani stessi del canile a parlare, raccontando le loro storie e i loro desideri.
Ad oggi Secondazampa è una associazione senza scopo di lucro, impegnata a favore dei cani meno fortunati.
Abbiamo una pagina FB con più di 120.000 follower, un sito (www.secondazampa.com) che mantiene la visione originale del progetto, cioè il mondo visto dal punto di vista dei cani.
C’è ancora il blog che però è scritto da Ruby, il nostro cane redivivo dopo 8 anni vissuti in un pessimo canile.
Non solo, Ruby qualche anno fa è diventato presidente di Secondazampa e lo scorso anno ha scritto la sua autobiografia “Il cubo di Ruby”.
Il libro e la sua storia sono piaciuti così tanto che Ruby oggi ha una rubrica su Vanity Fair e a gennaio il libro uscirà riedito da Sperling & Kupfler.
Di tutto ciò siamo molto contenti perché Secondazampa è un progetto ‘familiare’, realizzato solo con le nostre forze.
Abbiamo in cantiere tante altre cose a volte manca il tempo di progettarle e realizzarle 🙂

FP: Un progetto cui sei particolarmente affezionato e di cui ci vorresti parlare, che magari non ho toccato con le mie domande?
SP: Il progetto a cui tengo di più al momento è un documentario che ho prodotto e diretto e attualmente in fase di editing.
Si chiama DOFF Dreaming Of Foo Fighters ed è un documentario su una rock band (Foo Fighters) raccontata dal punto di vista dei fan.
È in assoluto il progetto in cui sto investendo di più ed il più importante che io abbia mai fatto.
Tra l’altro proprio grazie a questo progetto Sony Italia e Virgin Radio mi hanno spedito a Washington a vedere i Foo Fighters in una delle tappe del nuovo disco.
Un fantastico concerto di 3 ore in un piccolo locale di fronte a solo 300 persone, insomma una esperienza pazzesca che sarà la ciliegina sulla torta per DOFF.
Puoi leggere un’intervista che è uscita su ffitalianfanclub.com ed un articolo su fanpage.it

FP: Grazie a Stefano per aver risposto con così tanto entusiasmo!
Per chi volesse sbirciare altri lavori, può visitare il suo sito alla pagina www.stefanopedretti.com
Ciao e al prossimo articolo! 😉
Gloria